CESARE T3, De bello Gallico VI 12, La lotta per l'egemonia

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Cesare ripercorre la storia del succedersi, fino al 53 a.C. (anno a cui si riferiscono gli eventi del libro VI), delle diverse popolazioni nel ruolo di potenza egemone di ciascuno dei due blocchi (o «fazioni») in cui le “civitates” galliche erano raggruppate. Le campagne cesariane che si svolsero dal 58 al 53 a.C. ebbero un ruolo fondamentale, da una parte, nel ristabilire il prestigio degli edui, tradizionali alleati di Roma che precedentemente erano stati superati dai sequani; dall’altra nel ridimensionare in modo significativo il potere dei sequani stessi, rei di essersi alleati al capo germanico Ariovisto, re dei suebi. Ai sequani subentrano infatti, come seconda popolazione gallica per autorevolezza, i remi. L’ “excursus”, apparentemente un resoconto oggettivo e distaccato, in realtà pone abilmente in rilievo il ruolo decisivo dell’intervento cesariano nel mutamento dei rapporti di forza tra le comunità galliche. A differenza del capitolo precedente, che presenta le caratteristiche del testo descrittivo, il capitolo VI 12 è un testo narrativo di contenuto storico, contrassegnato dall’uso di tempi secondari e dalla frequenza delle frasi temporali.

1. Quando Cesare giunse in Gallia (es. 1), gli edui erano alla testa di una delle due fazioni, dell’altra i sequani.1 2. Questi, di per sé meno forti, poiché da tempo gli edui godevano della massima autorevolezza Approfondimento 1 e le loro clientele2 erano numerose, avevano stretto alleanza con i germani e con Ariovisto3 e li avevano tirati dalla loro parte con grandi sacrifici e promesse. 3. Sostenuti parecchi combattimenti vittoriosi e sterminata tutta la nobiltà4 degli edui, li avevano tanto superati in potenza 4. da attirare a sé gran parte dei loro clienti, ricevere dagli edui come ostaggi i figli dei capi e obbligarli a giurare in nome dello stato di non partecipare ad alcun complotto contro i sequani (immagine 1); da mantenere inoltre il possesso di una parte del territorio di confine occupata con la forza, e acquistare l’ egemonia su tutta la Gallia. 5. Messo alle strette da questa difficile situazione, Diviziaco5, recatosi a Roma per chiedere aiuto al senato, era tornato senza aver ottenuto nulla.6 Approfondimento 2 6. La situazione si era rovesciata con l’arrivo di Cesare7 Approfondimento 3: resi gli ostaggi agli edui, restituite le antiche clientele, acquistatene di nuove grazie a Cesare – poiché quelli che si erano legati a loro con vincoli di amicizia si accorgevano di poter godere di una condizione migliore e di un dominio più equo –, accresciutisi sotto ogni altro riguardo il credito e il prestigio degli edui, i sequani avevano perso l’egemonia. 7. Al posto di questi erano succeduti i remi;8 e poiché era evidente che essi uguagliavano gli edui nel credito presso Cesare (es. 2), coloro che per antiche inimicizie non potevano assolutamente legarsi agli edui aderivano piuttosto alla clientela dei remi Approfondimento 4. 8. Questi li difendevano con scrupolo, e così scoprivano di poter godere di una nuova e rapidamente conquistata autorevolezza.9 9. Tale era allora10 lo stato delle cose Approfondimento 5: gli edui venivano considerati senz’altro la potenza egemone, il secondo posto, per prestigio, lo occupavano i remi (es. 3).

(Trad. di E. Marinoni)


NOTE



1. Gli edui abitavano una regione compresa tra la Loira e la Saône. I sequani erano stanziati, nel I secolo a.C., a sud-est della Senna (in latino “Sequăna”), dalla quale traevano il proprio nome, tra il massiccio del Giura e i corsi della Saône e del Rodano.

2. Si tratta delle popolazioni che si ponevano sotto la protezione degli edui.

3. Contro questo capo germanico della tribù dei suebi, che con il suo popolo aveva attraversato il Reno insediandosi in Gallia, Cesare aveva combattuto la seconda campagna del 58 a.C. (vd. “De bello Gallico” I 30-54).

4. Si deve trattare dell’aristocrazia guerriera, composta da combattenti a cavallo (vd. “De bello Gallico” VI 15).

5. Era il capo degli edui.

6. Recatosi a Roma nel 61 a.C., Diviziaco aveva ottenuto una semplice dichiarazione di principio da parte del senato romano (vd. “De bello Gallico” I 31, 9 e 35, 4).

7. Grazie alla guerra contro Ariovisto.

8. I Remi occupavano la regione compresa tra la Marna e il bacino dell’Aisne, nella parte meridionale della Gallia Belgica.

9. A proposito dell’autorevolezza derivante dal saper procurare protezione, vd. VI 11, 4.

10. Cioè nel 53 a.C.


1. Cum Caesar in Galliam vēnit, alterius factionis principes erant Aedui, alterius Sequani. 2. Hi cum per se minus valerent, quod summa auctoritas antiquitus erat in Aeduis magnaeque eorum erant clientelae, Germanos atque Ariovistum sibi adiunxerant eosque ad se magnis iacturis pollicitationibusque perduxerant. 3. Proeliis vero compluribus factis secundis atque omni nobilitate Aeduorum interfecta, tantum potentiā antecesserant, 4. ut magnam partem clientium ab Aeduis ad se traducerent obsidesque ab eis principum filios acciperent et publice iurare cogerent nihil se contra Sequănos consili inituros, et partem finitimi agri per vim occupatam possiderent Galliaeque totius principatum obtinerent. 5. Qua necessitate adductus Diviciacus auxili petendi causa Romam ad senatum profectus infecta re redierat. 6. Adventu Caesaris facta commutatione rerum, obsidibus Aeduis redditis, veteribus clientelis restitutis, novis per Caesarem comparatis, quod ii, qui se ad eorum amicitiam adgregaverant, meliore condicione atque aequiore imperio se uti videbant, reliquis rebus eorum gratiā dignitateque amplificata, Sequăni principatum dimiserant. 7. In eorum locum Remi successerant: quos quod adaequare apud Caesarem gratiā intellegebatur, ii, qui propter veteres inimicitias nullo modo cum Aeduis coniungi poterant, se Remis in clientelam dicabant. 8. Hos illi diligenter tuebantur: ita et novam et repente collectam auctoritatem tenebant. 9. Eo tum statu res erat, ut longe principes haberentur Aedui, secundum locum dignitatis Remi obtinerent.

 

Note

  1. 'autorevolezza'; 'potenza'; 'credito' ecc...: Cesare esamina i rapporti di potere tra le popolazioni galliche utilizzando il vocabolario politico latino. autorevolezza → lat. “auctoritas” potenza → lat. “potentia” egemonia → lat. “principatus” potenza egemone → lat. “principes” («i primi») credito → lat. “gratia” prestigio → lat. “dignitas” Non ricorre mai (se non al par. 6, con riferimento al dominio romano) il termine “imperium”, che designa un’autorità suprema ufficialmente conferita. Il termine più concreto è “potentia”, che indica la forza, il potere effettivo, grazie al quale una “civitas” ottiene il “principatus”, cioè il primato, l’egemonia su tutte le altre. Gli altri termini hanno una prevalente connotazione di tipo etico. La “auctoritas” è l’autorevolezza, il prestigio che gli altri riconoscono a un individuo o, nel nostro caso, a un gruppo. Si pensi a quanto affermerà Augusto: “auctoritate omnibus prestiti; [potest]atis au[tem n]ihilo ampliu[s habu]i quam cet[eri qui m]ihi quoque in magistratu conlegae fuerunt”, «sovrastai tutti per autorevolezza, ma non ebbi potere più ampio di quelli che mi furono colleghi in ogni magistratura» (“Res gestae” 34). La “gratia” è il favore, il credito di cui si gode presso gli altri. La “dignitas” è il prestigio, la rispettabilità, l’onorabilità di una persona (specialmente di un magistrato) o di un gruppo. Cesare, per esempio, dirà di avere dato avvio alla guerra civile anche per restaurare la propria “dignitas”, calpestata dagli avversari (vd. “De bello civili” I 7, 7).
  2. La missione, del 61 a.C., è ricordata dallo stesso capo eduo in un discorso a Cesare riferito in forma indiretta: «per questo motivo era fuggito dalla sua comunità e si era recato in senato a chiedere aiuto» (“De bello Gallico” I 31, 9, trad. di E. Marinoni). Poco più avanti, Cesare afferma che allora il senato «aveva stabilito che chiunque avesse il governo della provincia della Gallia, purché potesse farlo nell’interesse dello Stato, difendesse gli edui e gli altri amici del popolo romano» (“De bello Gallico” I 35, 4, trad. di E. Marinoni). Si noti che, mentre in VI 12, 5 Cesare liquida quella dichiarazione del senato come una pura formalità, dicendo che Diviziaco era tornato in patria con le mani vuote, nell’ambasceria ad Ariovisto riferita in I 35 egli si appella a quel decreto come fondamento giuridico della guerra contro il re svevo.
  3. Cesare contrappone l’efficacia risolutiva del proprio intervento alla (presunta) inerzia del senato. Come altre volte – vd. per esempio VII 88, 1, “eius adventu” (a proposito della capitolazione di Alesia), in rapporto al “Caesaris adventu” di VI 12, 5 – la discesa in campo di Cesare modifica radicalmente la situazione. In questo caso era stata decisiva la campagna contro Ariovisto, sostenitore dei sequani, del 58 a.C., narrata nel libro I del “De bello Gallico”.
  4. Dall’insieme del capitolo si evidenzia una rilevante instabilità nelle relazioni tra le diverse popolazioni celtiche nel periodo anteriore alle campagne cesariane. In questo modo Cesare da un lato sottolinea il ruolo decisivo del proprio intervento in favore degli alleati di Roma (in questo caso gli edui), la cui difesa, congiuntamente a quella delle province galliche, costituisce una delle giustificazioni ufficiali delle campagne cesariane; dall’altro evidenzia il carattere ‘pacificatorio’ del proprio intervento: la conquista porta la “pax Romana”, garanzia di stabilità. È questo un esempio di come, sotto la patina di un racconto apparentemente distaccato e oggettivo, si celi un intento apologetico: sappiamo che a Roma non tutti approvavano le costose, sanguinarie e ininterrotte campagne a cui il proconsole delle Gallie aveva dato avvio nel 58 a.C.
  5. Le osservazioni di Cesare sui rapporti di forza tra le diverse “civitates” della nazione gallica possono essere confrontate con quanto avviene nel mondo moderno tra le diverse componenti di uno stato federale, come i cantoni nella Confederazione elvetica, i “Länder” tedeschi o le nazioni che compongono la Comunità degli Stati Indipendenti (la Russia); oppure tra i membri di un’organizzazione sovranazionale, come l’Alleanza Atlantica (NATO) o l’Unione Europea. In particolare, la situazione descritta da Cesare richiama per certi versi i rapporti di forza oggi vigenti all’interno dell’Unione Europea, dove alcuni Stati (soprattutto la Germania) hanno assunto un ruolo egemonico al di là della sovranità degli organismi istituzionali (il Parlamento europeo, la Commissione europea), grazie al loro peso economico ma anche all’energia dei loro “leader”.

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  1. Moneta argentea dei sequani (II sec. a.C.?). Sul “recto”: testa femminile elmata (una divinità celtica?); sul “verso”: cavallo al galoppo. Su entrambe le facce: la legenda “Togiri(x)”, ricorrente anche su altre monete dei sequani.
    1Moneta argentea dei sequani (II sec. a.C.?). Sul “recto”: testa femminile elmata (una divinità celtica?); sul “verso”: cavallo al galoppo. Su entrambe le facce: la legenda “Togiri(x)”, ricorrente anche su altre monete dei sequani.